Stories

Di sana pianta

Non me lo aspettavo. E’ riemerso dal passato sotto forma di un brutto taccuino, pieno di appunti scarabocchiati a matita. A penna. In un senso e nel senso opposto. In mezzo, un messaggio in cui mi presenti ad una persona. Un ritratto carico di entusiasmo. Pieno di parole dolci, aggettivi meravigliosi, lusinghiero. Un appunto su tutti: “una risata magnifica”.

Quanta verità nella parola “assaporare”. Quanta tristezza mi ha schiaffeggiato a mano aperta. Era bello quello che avevamo. Era complicità e divertimento. Era condivisione delle gioie e dei momenti difficili, era ridere mentre bagnate e piene di sanguisughe scivolavamo in un fiume di terra rossa. Mi auguro che tu abbia trovato una felicità diversa, ma altrettanto piena e condivisibile. Soava dia. Questo te lo devo.

Misy vaovao anaty ala

Ci sono scorci della foresta che mi fanno sentire a casa, così famigliari che mi sembrano conosciuti da sempre. Con quella luce che filtra bluastra tra le foglie verdi, raggiunge un tappeto rosso e bruno, dal profumo di terra e di vita brulicante. Mi riportano lì, sempre lì. Mi capita di stare seduta a guardare Zafy che si arrampica su un albero e pensare agli anni che sono passati, ai mille momenti che abbiamo vissuto insieme, come una famiglia. Sono valigie intere piene di ricordi. Come dice Naivo: “Grazie, pour me protéger”, in quel suo italo-francese maccheronico che mi apre all’ottimismo. Penso ai capelli di Papa, sempre più grigi, ma al suo sorriso sempre più facile. Allo sguardo serio di Zafy, che due anni fa è cambiato ed è rimasto uguale a mille altri. Alle persone meravigliose che incontro ogni giorno. A chi lotta, a chi cade nella terra rossa, a chi non si arrende. Penso che questi sono gli incontri che segnano, inevitabilmente, le mie missioni. Persone che incrociano la mia strada per caso, o per un motivo che non so, ma che comunque mi fanno vivere momenti perfetti. Come un viaggio su un 4×4 seduta dietro con 5 o 6 bambini, ad aprire una bottiglietta di frullato dopo l’altra con una penna. O ritrovarmi a parlare della morte e della vita, di come si affrontano entrambe, sotto un cielo stellato in una calda notte della campagna di Tana. Credo che certi momenti vadano condivisi. L’ho sempre pensato, non ho mai mentito. Condivisi anche con persone affini, scelte o capitate un pò per caso. Perché condividere i momenti aiuta a “lavorarli”, a superarli, a trovare delle risposte o, se di risposte non ce ne sono, a leccarsi le ferite. Per ridere di nuovo, delle cose belle e semplici, come un bagno di un ristorante.

In un attimo è l’ora del giro degli addii, degli arrivederci. In un attimo, sono 11 anni di bagagli chiusi, di zaini stipati, di ginocchia e fiato, di barattoli di miele. Ci saranno persone nuove, nuovi legami. Tutto si riproporrà come sempre, fino alla fine dei giorni malgasci. Quando i kalanoro si riprenderanno la terra, il loro mondo, e anche il mio.

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A day in the forest

A typical day in the forest mirrors the daily indri routine! Which means, my day consists of getting up at about 4:30 – 5:00 AM (depending on the time of year).

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After eating breakfast and packing survey equipment (audio and video recorders, microphones, GPS devices, two-way radios, etc.), we are ready to climb the forest hills.

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We then try to find the animals by scanning their territories (indris live in family groups, actively defending their territories, so we do not use collars to follow them!) before their first morning song (these lemurs are known to emit loud long distance calls, “the song”, that can be heard at about 2 km).

It would be impossible for us to find the animals every day without the help of our amazing guides. They run (literally!) through the forest in search of the babakoto and its friends.

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Once a group is found, we follow the animals in their daily movements until they stop at their sleeping site. Usually we try to sit quietly, camouflaging, in order not to disturb the animals.

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Sometimes we become an interesting distraction to wild animals…

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We gather as much data as possible before returning to the research station.

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After a refreshing shower in the river, we are ready for a delicious traditional Malagasy lunch and a quick nap. The afternoon at the camp is devoted to data organization and first elaboration: we look over samples, copy data from the devices to our computers, and organize photos, videos and audio recordings. At about 7:00 PM, we have dinner and then we discuss what we have collected during the day.

Sometimes we go out for a night walk…

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… in search of special animals.

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After a short briefing to prepare for the next day’s activities, we call it a night and head to bed!

Maso tsara, tena maso

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C’è una fotografia sul tavolo. I colori sono sbiaditi, virano al seppia, l’inchiostro è rovinato dalla muffa, i bordi frastagliati. È la foto di una famiglia, o meglio di parte di essa. Cinque bambini che sorridono alla macchina fotografica tenuta in mano da un amico vazaha. Sono passati almeno una ventina d’anni dal momento impresso in questa fotografia. Alzo lo sguardo, e tre paia di occhi identici a quelli dei bambini ritratti mi stanno sorridendo. Tre tra i miei sette fratelli gasy mi passano altre fotografie, ridono e mi ringraziano, perché molte di quelle fotografie le ho scattate io, o le ho anche solo stampate per loro. Desy e Mamy oggi non ci sono, festeggiano la Pasqua con i loro figli, Laurence e Jeune sono con noi, anche se il resto di loro non appartiene più a questa terra. Mi trovo a ridere, con il cuore stretto. Mamatin, posso farne una copia per me? – Certo bambina.

Spesso arriviamo tardi, quando i sentimenti e le cose vissute sono ormai ricordi, allora ci sembra di capire. Capiamo il motivo degli sguardi, delle parole, delle grida, il motivo del dolore, dell’amore incondizionato che nasce inaspettatamente, dall’altra parte del Mondo. A me è bastato un attimo, un solo piccolo momento per capire che quella foto era importante, importante per me.

Per capire chi sono, le relazioni che ho instaurato in questi anni, il perché dei momenti di solitudine – mangina, raha tsisy Valerie – dei momenti di gioia incontenibile, della nostalgia, dei momenti stupidi, della rabbia, della paura. Gli occhi parlano, sorridono, ardono, inchiodano. Ti guardano, dentro e fuori. Se sei onesto, con gli altri e con te stesso, non serve altro. Ci metti la faccia, e la sbatti a volte, ma ce la metti. E gli altri ti vedono. Ti vedono davvero.

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Andare altrove

Andare altrove è facile qui. Basta lasciare liberi i pensieri in foresta, lanciarli all’inseguimento delle immagini che si formano libere, leggere.

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Basta sedersi, aspettare di vedere fino a dove si spinge la fantasia.

E ti puoi immaginare ovunque, con chiunque, in luoghi conosciuti o anche solo immaginati. Il corso delle cose cambia, e puoi essere mille persone alla volta. Oppure puoi pensare alle persone che ami e che ti aspettano a casa, quelle che hai amato in precedenza ma che sono uscite dalla tua vita, lentamente e senza sforzo o lasciando ferite che ogni tanto sanguinano. O le persone che devono ancora nascere, ma che amerai di sicuro con tutto te stesso, in modo incondizionato.

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Tra un paesaggio mozzafiato, come un lago salato, tra uno scroscio di pioggia tropicale, un pizzico di sole, ma non troppo, trascorriamo le giornate illuminati dalla speranza che tutto vada sempre bene. A tutti noi.

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Andare altrove

Andare altrove è facile qui. Basta lasciare liberi i pensieri in foresta, lanciarli all’inseguimento delle immagini che si formano libere, leggere.

DSCF4936Basta sedersi, aspettare di vedere fino a dove si spinge la fantasia.

E ti puoi immaginare ovunque, con chiunque, in luoghi conosciuti o anche solo immaginati. Il corso delle cose cambia, e puoi essere mille persone alla volta. Oppure puoi pensare alle persone che ami e che ti aspettano a casa, quelle che hai amato in precedenza ma che sono uscite dalla tua vita, lentamente e senza sforzo o lasciando ferite che ogni tanto sanguinano. O le persone che devono ancora nascere, ma che amerai di sicuro con tutto te stesso, in modo incondizionato.

DSCF5169Tra un paesaggio mozzafiato, come un lago salato, tra uno scroscio di pioggia tropicale, un pizzico di sole, ma non troppo, trascorriamo le giornate illuminati dalla speranza che tutto vada sempre bene. A tutti noi.

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L’amour éternel. Sambatra

L’amour éternel.

Tsy maninona iza. Tsy maninona inona. Tsy maninona oviana.

Ci sono persone destinate ad incontrarsi, ad amarsi per sempre. Sono quelle persone le cui vite ti condizionano, in qualsiasi modo, inevitabilmente.

Qualcuno ti racconta una storia, e tu immagini che vada tutto così, come deve andare. Una storia che evoca una immagine. Un ricordo evoca pensieri sul futuro.

Così, semplicemente, ti ritrovi a ridere a crepapelle, pensando alla pensione, ai 90 anni, al tabacco in polvere, ai 30 anni che ti separano dalla “vecchiaia”, alle frittelle di banane, al fuoco caldo. Alla gioia di avere trovato Claudio, e che lui abbia trovato me.

Sambatra

E’ facile perdersi qui. E’ facile pensare di farcela e accorgersi, invece, che non ce la si fa. Facile non riuscire più a sorridere quando devi guardare in faccia la tua famiglia e dire che te ne vai.

Ci si perde, se si è da soli. Ma io non sono mai sola, qui. E allora arriva qualcuno e ti prende per mano, ti porta via con una scusa e ti regala il momento perfetto. Quell’attimo di condivisa solitudine di cui hai bisogno per affrontare il ritorno. Quel momento caldo e amaro in cui dire tutte le cose che ti tieni dentro da sempre. Così, semplicemente, ad un amico. E poi, quando non riesci a smettere di piangere, è il momento dei rimproveri e del sorriso.

A quel punto ridi…e sei guarito.

Mora mora

Piano piano…mora mora. Tutto torna al suo posto. E come sempre io torno a sedere nel mezzo dei miei due mondi, braccia conserte, orecchie tese, e tutti gli odori del mondo nelle narici. Basta un tocco, un respiro. Così i due mondi si incrinano, si dilata il tempo, lo spazio di uno si inclina dolcemente verso l’altro.

E’ arrivato il momento di dire: ci siamo. Siamo arrivati. E io sono di nuovo a casa. Sento la voce di Mamatin e di Miko e sono davvero tornata nel luogo in cui sono diventata la me stessa che sono ora. Sento la prima cicala della sera e, inevitabilmente, penso al magnifico spettacolo sonoro della mattina.

L’odore della pioggia mi ricorda Pacio. Quando, da piccoli, tornavamo da scuola, lui in motorino e io a piedi, sotto l’ombrello. Lui che mi voleva caricare, io che gli dicevo di andare a casa. E finiva sempre che stavamo così, nel mezzo. Passeggiando sotto la pioggia, raccontandoci il mondo come lo vedevamo allora. Non gli ho mai raccontato davvero la mia vita qui, non sa che mi riporta indietro, a momenti condivisi e felici. Perché stare nel mezzo è sempre stata la mia specialità, il mio modo tutto privato di stare al mondo.

 

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Seduti su una nuvola

Prima la pioggia, fine poi battente. Poi il sole, pieno, caldo. Tutto si tinge di blu, il verde si accende, si alza il volume di mille insetti, uccelli, voci della foresta.

E’ incredibile pensare che noi abbiamo vissuto immersi in tutto questo, per così tanto tempo. E l’abbiamo lasciato indietro. Abbiamo fatto a pugni con la nostra vera natura. L’abbiamo annientata, schiacciata, soffocata.

E’ sempre così, qui. Come un ritorno alle origini. Come guardare dentro sé stessi e scoprirsi intimi.

La mia vita, qui, è come questo tronco caldo che mi avvolge, mi racchiude. E’ come essere seduti su una nuvola, da cui si vede attraverso un’altra prospettiva. Le proporzioni si fanno diverse, il distacco è meno doloroso. A volte qualcuno ti si siede vicino e ti racconta delle storie. C’è poi chi ti consiglia, chi domanda, chi si siede e basta. E fuma, e ascolta musica. Chi si siede e ricorda, e la forza delle immagini è un tuono.